La crisi delle materie prime e dei chip colpisce anche il settore dell’auto: la carenza dei semiconduttori, infatti, sta rappresentando un grosso problema per il mercato, soprattutto perché si è verificata proprio nel momento in cui il mercato dell’auto stava cominciando pian piano a rialzarsi dopo la crisi dovuta alla pandemia. E, come vedremo, le previsioni indicano che questa situazione farà aumentare il costo dell’auto il prossimo anno.
Come si è originata la crisi dei chip
Recentemente Euler Hermes del gruppo Allianz, proprio parlando della possibile cancellazione del Salone di Ginevra, ha analizzato durante un’intervista gli aspetti economici attualmente più impattanti sulle sorti del settore, esponendosi anche sulle prospettive per l’anno venturo. “La carenza di chip,” ha dichiarato “fa aumentare il potere di determinazione dei prezzi delle case automobilistiche in Europa”.
Questa situazione si è originata a partire dal primo trimestre 2020, proprio come reazione ai blocchi pandemici e alla frenata degli scambi commerciali. I produttori di automobili, di punto in bianco, si sono trovati nella situazione di dover di mettere in atto piani di produzione quasi al limite del conteggio ordini, proprio perché la crisi richiedeva di ridurre i costi, tagliando al minimo indispensabile lo stoccaggio di materiali e i processi di produzione stessa.
Questo ha provocato a sua volta una crisi nel settore dell’approvvigionamento della materie prime, con una filiera che ha subito rallentamenti e stop continui. Fra questi materiali appunto ci sono i chip (soprattutto a causa della scarsità dei semiconduttori di cui sono fatti). Nel primo semestre di quest’anno, la domanda di nuovi veicoli in Europa ha, invece, beneficiato della grande riapertura, con le immatricolazioni che sono cresciute del +25,2% (+1,354 milioni di unità) rispetto alla prima metà del 2020. Volumi in forte crescita, anche se ancora inferiori al livello pre-crisi (+1.553 milioni di unità nella prima metà del 2019).
Si sta verificando quindi un grande squilibrio tra domanda e offerta, che potrebbe durare fino al primo semestre del 2022. L’aumento della domanda è dovuto a diverse ragioni: i risparmi accumulati dai privati nei mesi del lockdown, il desiderio di tornare all’acquisto, la transizione verso la mobilità green e i motori elettrici e l’aggiornamento delle flotte da parte delle società di autonoleggio.
A fronte del livello molto elevato di domanda, però, l’offerta non lo è altrettanto. Perché si sta verificando un’ottimizzazione della capacità produttiva e si sta riscontrando un livello di scorte molto basso. Il fattore su cui probabilmente stanno facendo la loro miglior leva i produttori è la carenza delle materie prime come i chip, la relativa impennata dei loro prezzi e l’aumento dei tempi e dei costi di spedizione.
Come risultato, ci si aspetta che nel primo semestre 2022 le case automobilistiche si appresteranno abilmente, dopo quasi 20 anni di vincoli, ad aumentare i prezzi dal +3 al +6%.
Più in dettaglio, +4% in Germania, +2,4% e +5,8%, rispettivamente, per Spagna e Italia e un valore oscillante tra +0,8% e +5% per la Francia. Una prospettiva molto sconveniente per i consumatori.